FURLAN A TRIESTE: GOVERNARE PER DARE FUTURO AL PAESE
“Un Paese non si governa per rispettare un patto a due, ma per dare futuro”, quello che – a detta delle parole di Annamaria Furlan, oggi a Trieste per i lavori del consiglio generale della Cisl Friuli Venezia Giulia – manca attualmente all’Italia. Il problema – entra subito nel merito la segretaria generale della Cisl, dal palco di Area Science Park – non è se questo governo durerà o meno fino alla primavera, ma l’assenza di un progetto-Paese, capace di rilanciare crescita e favorire lo sviluppo. Una necessità stringente che non trova, però, spazio né risposta neppure nella legge di bilancio, dove a prevalere sono i tagli e una sostanziale incoerenza. Eppure la situazione italiana appare critica, segnata dal rallentamento della produzione industriale, dalla scarsa attenzione degli investitori stranieri, dall’isolamento nel contesto europeo, ma anche dalla sfiducia dimostrata nella recente asta dei titoli di Stato e dallo spread in salita, inevitabilmente pagato da famiglie e imprese: un quadro che si ripercuote pesantemente sull’occupazione, in significativo calo. Di fronte a questa situazione, la Finanziaria – sostiene la segretaria cislina – fa il contrario di quello che dovrebbe, prevedendo pochissimi investimenti, ad esempio su innovazione e ricerca, bloccando incomprensibilmente le infrastrutture (anche i cantieri in corso d’opera), oltre a decurtare, senza una logica, strumenti fondamentali per sostenere l’occupazione giovanile, come l’alternanza scuola-lavoro, praticamente dimezzata.
Il grande tema del lavoro
A preoccupare è, poi, l’approccio al tema lavoro, grande assente nella politica di governo. Non è ancora chiaro, ad esempio, con che strumenti saranno accompagnati i giovani verso il lavoro e a poco rassicura l’intenzione di rafforzare i centri per l’impiego (che oggi collocano soltanto il 2-3% delle persone) ed, in generale, gli strumenti del collocamento, perché questi funzionano dove il lavoro c’è già, ma dove non c’è? “Bisogna creare occupazione – chiarisce subito Furlan – sapendo, però, che i posti di lavoro non si costruiscono di certo attraverso i sussidi”. C’è, dunque, tanto da fare, come evidenzia anche la piattaforma unitaria con Cgil e Uil, rilanciata stamani da Furlan, assieme alle assemblee in corso da questi giorni in tutti i territori anche del Friuli Venezia Giulia, per parlare con i lavoratori di legge di stabilità, ma soprattutto di quello che serve al Paese. “Ad oggi, Governo e Presidente del Consiglio non hanno ritenuto di convocare i Sindacati e le parti datoriali: eppure quando si parla di sviluppo e di futuro, la partecipazione deve andare un po’ oltre il patto di governo”.
La situazione del Friuli Venezia Giulia
Un problema – quello della mancanza di concertazione – registrato anche in Friuli Venezia Giulia e che preoccupa, non solo per quanto riguarda la manovra finanziaria (ad oggi sconosciuta), ma anche per tutte le riforme ai blocchi di partenza. “Ci aspettiamo – incalza il segretario generale della Cisl Fvg, Alberto Monticco – che si trovi un metodo di confronto costruttivo: ignorare i corpi intermedi della società è un errore gravissimo, al pari di mischiare, o peggio negare, la reale rappresentatività delle organizzazioni sindacali”. C’è bisogno – si legge nella nota sindacale – di attivare tavoli di confronto strutturati, per affrontare concretamente (no a soluzioni tampone) e con tempestività le situazioni di crisi esistenti sul territorio, ultima in ordine di tempo quella di Burgo, con la procedura di licenziamento per un terzo dei dipendenti di Duino, senza contare le crisi latenti del filone siderurgico. “E per fortuna – commenta Monticco – che sullo stabilimento locale di Pasta Zara è intervenuta la Barilla, anche se è preoccupante pensare che sul territorio triestino, quello di Pasta Zara è stato l’ultimo insediamento produttivo e che ormai risale a dieci anni fa”. Analoga preoccupazione sul fronte dell’occupazione, praticamente ferma allo 0,6%, e sulle opportunità di sistema.
Un esempio su tutti, quello legato alle infrastrutture
“La soppressione del progetto di nuova linea ferroviaria AV-AC Venezia Trieste e Trieste Divaca porterà, in modo miope e autolesionista, il porto triestino, e quindi tutta la regione, ad una capacità ferroviaria insufficiente, mettendo anche a rischio, per il nostro Paese, l’influenza economica e politica nell’area Mitteleuropea e Asia Centrale. E’ chiaro inoltre che l’abbandono del progetto diventa un problema pure per i passeggeri dal momento che i collegamenti con le frecce saranno effettuati sugli stessi binari e negli stessi orari dei pendolari e delle merci che viaggiano a velocità ridotte. Occorre invece attivare sinergie “strutturali”, a partire dal sistema della portualità, dall’implementazione dei traffici e delle merci sulla traiettoria dei grandi Corridoi (con una reale connessione tra gli scali di Trieste, Monfalcone, San Giorgio di Nogaro e gli interporti). Il nostro baricentro non dovrebbe essere quello di puntare al solo smistamento delle merci, ma semmai a creare hub strettamente funzionali all’industria, alla produzione sul territorio e, di conseguenza, al rafforzamento della componente occupazionale”.